Reggio Emilia: 6 cantine reggiane lanciano un consorzio per l’Ancellotta

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15 settembre 2010

Vale oltre 25 milioni di euro e più della metà della produzione provinciale di uve la nuova struttura consortile creata da 6 cantine sociali reggiane. “Una realtà – spiegano Giuseppe Alai e Ildo Cigarini, presidenti di Confcooperative e Legacoop – che è innanzitutto segno della volontà della cooperazione agroalimentare di contare di più sui mercati e di saper convergere, a tal fine, su forme di aggregazione imprenditoriale destinate a gestire politiche comuni, osservatori di mercato, ricerca di nuovi sbocchi per il collocamento di una produzione – quella dei mosti e vini ottenuti dall’Ancellotta – che rappresenta il fulcro sul quale si innesta il presente e il futuro della viticoltura locale, che offre lavoro stabile a 4.200 persone”. “Cantine dell’Ancellotta” – questo il nome del Consorzio – è stato creato dalle Cantine sociali di Arceto (presidente Davide Frascari), Prato (presidente Renzo Zaldini), Masone-Campogalliano (presidente Lucio Brighenti), San Martino in Rio (presidente Giorgio Gianotti), Correggio (presidente Italo Veneri) e Riunite & Civ (presidente Corrado Casoli). “I prodotti ottenuti dall’Ancellotta – spiega il presidente del Consorzio, Renzo Zaldini, affiancato alla vicepresidenza da Giorgio Gianotti – rappresentano da sempre la fonte di reddito primaria per i soci delle nostre cantine sociali (oltre 3.500); proprio per questo, ancora prima della crisi che ha investito il settore in questi anni, con le centrali cooperative abbiamo iniziato a lavorare ad un progetto comune che ci consentisse di dare maggiore stabilità alle attività di commercializzazione”. “Un impegno – sottolinea l’assessore provinciale all’Agricoltura, Roberta Rivi – emblematico per la nostra agricoltura, che proprio di integrazioni, soprattutto sul versante commerciale, ha un grandissimo bisogno per una maggiore competitività sui mercati e una migliore valorizzazione delle nostre produzioni”. “Non a caso – prosegue l’assessore – le politiche pubbliche di sostegno non si fermano alla promozione della qualità, ma vanno decisamente in questa direzione”.

“Cantine dell’Ancellotta” sarà strumento di coordinamento delle politiche commerciali, di monitoraggio dell’andamento e delle possibili evoluzioni dei mercati con report settimanali sulle vendite, ma il Consorzio - aggiunge Zaldini - sarà impegnato anche in ricerca di nuovi mercati e di nuovi utilizzi di un prodotto che può consolidare le vendite oltre i confini del settore vitivinicolo per incrementarle su quello alimentare in generale (succhi, ad esempio), ma anche in quello della cosmesi e della farmaceutica”. Il nuovo consorzio unitario, come si è detto, è formato da sei cantine che detengono una produzione pari a un milione di quintali di uve, ovvero più del 60% di quella provinciale, con una quota dell’80% sull’Ancellotta. Ai valori attuali di mercato, questa produzione (la media degli ultimi tre anni è stata di circa 600.000 quintali) vale oltre 25 milioni di euro. Buone le prospettive di mercato: per il 2010 è infatti prevista una flessione della produzione del 10%, associata alla pressoché totale assenza di scorte nelle cantine. “Il Consorzio – spiega Zaldini – non si sostituisce alle cantine sociali fondatrici, ma con una struttura snella ed efficace le affianca con funzioni oggi decisive sul piano commerciale, ovvero su quella parte d’attività che determina i veri risultati del lavoro delle cooperative e dei loro soci, puntando a premiare e a valorizzare i fortissimi investimenti che hanno riguardato i vigneti e le strutture di trasformazione in un processo che ha portato la viticoltura reggiana a livelli qualitativamente eccellenti”. “Cantine dell’Ancellotta – sottolineano Alai e Cigarini – è un esempio di come la cooperazione agroalimentare intende non solo reagire alla crisi,ma soprattutto creare nuove prospettive di reddito e di lavoro per i nostri produttori, inserendosi a pieno titolo in quel mercato senza confini  al quale è necessario guardare con politiche attive ed aggressive, evitando di rinchiudersi in localismi anacronistici e deleteri quando si parla di produzioni d’eccellenza ma anche quantitativamente molto rilevanti”.

   


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