Intervista a Ruenza Santandrea, coordinatrice del settore vitivinicolo dell'ACI

Vitivinicolo
24 maggio 2016

Intervista a Ruenza Santandrea, coordinatrice del settore vitivinicolo dell

di Letizia Martirano

 

3926 - roma, (agra press) - Ruenza Santandrea, manager faentina ai vertici di Cevico, uno dei più importanti sistemi vitivinicoli in Italia, le cui origini risalgono a oltre cinquant'anni fa, e' dal 2015 responsabile del settore vitivinicolo dell'Alleanza delle cooperative agroalimentari. In lei si congiungono alcune caratteristiche importanti per un manager ed un dirigente di associazione: il rigore, il buon senso e la creatività necessarie per dare impulso ad un comparto solido, ma non immune - soprattutto sul mercato domestico - da rischi. Conversare con lei, non e' ne' banale ne' scontato e c'e' da scommettere che le sue idee - un pò insolite, soprattutto quando ci si addentra sul tema della libertà di gusto per un mondo paludato e serioso - come quello del vino produrranno confronti.

 


Che cosa rappresenta il settore vitivinicolo cooperativo?

 

Le cooperative vitivinicole che fanno riferimento all'Alleanza delle Cooperative Italiane sono 493, e rappresentano quasi il 58% della produzione vinicola italiana. A queste cooperative aderiscono circa 179.000 soci, la cui valorizzazione e' garantita da un livello medio di prevalenza mutualistica che si attesta ben oltre l'82%. In termini occupazionali, la cooperazione vitivinicola associata dà lavoro a quasi 8.700 persone, di cui il 67% e' impiegato a tempo indeterminato.

 


Siete in ansia per il calo dei consumi nel mercato interno?

 

E' innegabile che i consumi di vino in Italia siano in costante declino ormai da anni, ma credo che il declino non sia così inesorabile come spesso viene dipinto. Ci sono alcuni fattori strutturali su cui difficilmente si può intervenire. Ma riportare il vino sulle tavole degli italiani e' alla nostra portata.

 


In che modo?

 

Per anni il vino e' stato spesso rappresentato come un prodotto d'elite, appannaggio di pochi esperti eletti. Ridiamogli, invece, il suo giusto valore.

 

 

Che cosa vuol dire?

 

Ridiamo al vino il valore di un prodotto che proviene anzitutto dai frutti della terra, che fa parte della nostra cultura più intima, della storia delle nostre famiglie e del nostro patrimonio, e soprattutto un prodotto che, sulla base dei propri personalissimi gusti, chiunque può bere come meglio crede, senza preoccuparsi - se non ne ha voglia - di abbinamenti  obbligati.

 


In poche parole?

 

E' sufficiente un piatto di buon cibo, un'allegra compagnia e un pò di serenità per poter gustare, anche quotidianamente, il sapore di questa nostra cultura millenaria: in assoluta libertà di scelta e in modo del tutto svincolato da concetti stereotipati di abbinamento o di gusto. Libertà di gusto significa che ognuno di noi, che ha gusti diversi su tantissime cose, e generalmente e' libero di esprimersi, vorrei si sentisse così anche nello scegliere il vino senza tema di essere giudicato incompetente. D'altra parte un tempo il vino si beveva così, era un alimento tra altri alimenti.

 


Ma il mondo e' cambiato…

 

E anche il vino… cambiano anche le occasioni di consumo, resta il fatto che e' un grande componente della tavola e un ambasciatore che ci parla del territorio da cui proviene. E' la sintesi perfetta di un racconto millenario di popolo. Per questo vogliamo parlare di vino come prodotto "popolare", nella migliore accezione che questo termine può avere.

 


Pensa veramente che ci sia un futuro in questa direzione?

 

Sì, il vino può essere un prodotto in voga e di successo, ma soprattutto un prodotto alla portata di tutti, democratico e giovane. Un prodotto Pop.

 


Ma con tutto l'alcolismo che c'e' in giro non le sembra una provocazione?

 

No, al contrario. Riteniamo che il modello di consumo 'mediterraneò sia un modello assolutamente virtuoso, da incentivare e da esportare in tutti quei paesi che mancano di una vera cultura del vino, o che la stanno acquisendo solo di recente. Possiamo intervenire con determinazione per far prevalere questa modalità di consumo giusto, da contrapporre a modelli 'dissolutì. La promozione può e deve darci una mano in questa direzione.

 


Basta la promozione?

 

Apprezziamo anche proposte di legge come quella del presidente della commissione agricoltura della Camera Luca Sani per il riconoscimento del vino quale elemento del patrimonio culturale nazionale e quella di introdurre l'insegnamento della disciplina "Storia e Civiltà del Vino" nelle scuole del senatore Dario Stefano. Due proposte in parte diverse, ma volte, entrambe, a identificare il vino come elemento della nostra cultura e tradizione.

 


L'alleanza delle cooperative e' al suo fianco immagino?

 

La cooperazione e' da tempo impegnata nel ricercare nei suoi prodotti la qualità e l'eccellenza, senza al contempo perdere quella "popolarita"'. Siamo convinti che questa sia la strada per rilanciare i consumi e la cultura del bere giusto e del bere con gusto, ritrovando il piacere del bere a tavola, insieme ad altri, un buon bicchiere di vino, con la serenità e la semplicità di un tempo.




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